Sonia Lenzi, laureata in filosofia, pittura e legge, indaga in modo interdisciplinare temi come identità, ricordi di persone e luoghi, mortalità e gender. Usa la fotografia per indagare, stabilire e ricreare relazioni sociali attraverso segni, simboli e gesti. I suoi progetti fotografici sono stati esposti in Italia, nel Regno Unito e negli Stato Uniti d’America. Vive e lavora tra Bologna e Londra. La capitale inglese è lo sfondo del suo ultimo libro fotografico, in cui Sonia Lenzi ritrae le giovani donne che ha incontrato camminando lungo il Regent’s Canal. Il suo sguardo è quello di una madre che vede le sue figlie diventare donne adulte, in un periodo caratterizzato da numerosi cambiamenti sociali a livello globale.
Qual è stato il punto di partenza nell’ideazione del suo ultimo libro?
Direi il desiderio di riavvicinarmi alle mie figlie, attraverso giovani donne della loro età, incontrate casualmente lungo il Regent’s Canal e le vie d’acqua londinesi. Inoltre l’idea di instaurare un dialogo con tutte le giovani donne che potrebbero essere le mie, le nostre figlie, per conoscere il loro stile di vita, le loro aspettative, ansie e timori. Viviamo in un mondo dove il rapporto genitori e figli è sempre più complesso. Anche il divario di genere si sta accentuando a causa delle criticità legate al cambiamento climatico, alle trasformazioni geopolitiche, alle pandemie e alle guerre. Succede anche in Europa e negli Stati Uniti, dove il modello di democrazia sembra essere entrato in crisi e si mettono in discussione i diritti civili e delle donne.
Nel libro lei indaga il passaggio all’età adulta. In passato questo passaggio era più chiaro; cosa lo demarca, secondo lei, al giorno d’oggi?
Credo sia molto fluido, oggi, e si rimanga adolescenti a lungo. Se devo essere sincera anche io non mi sento ancora del tutto cresciuta. Ci vuole del talento ad invecchiare senza diventare adulti, canta Jacques Brel, e poi Franco Battiato. In realtà le difficoltà a cui le giovani generazioni, soprattutto di donne, stanno andando incontro, sono anche le nostre e un patto intergenerazionale ci può aiutare a crescere tutti insieme.
Sfondo del libro è Londra. Che città è, per lei?
Londra è una città affascinante e ancora dickensiana, sotto certi aspetti, ora stordita dalla Brexit. Una metropoli multietcnica e multiculturale, crocevia di scambi commerciali e punto di riferimento anche per tanti artisti, una città complessa e con la quale ho molti legami da sempre, uno dei miei luoghi del cuore.
Perché ha scelto come punto di riferimento il Regent’s Canal? Cosa accomuna le tante giovani donne che vi ha incontrato?
Il Regent’s Canal è un punto di ritrovo importante, soprattutto nei pressi di Camden Market e di Granary Square. King’s Cross, dove si trova questa piazza, adiacente al canale, è uno dei più significativi progetti di rigenerazione urbana in Europa. Da snodo commerciale e poi area degradata, è stata trasformata in un centro di aggregazione, soprattutto di giovani e studenti che frequentano Central Saint Martins, rinomato college per le arti e il design. Le giovani donne che ho incontrato, lungo tutto il percorso del canale, sono tante. Sono tutte diverse, ma le ho chiamate Jane e Mary, due nomi di fantasia, ma comuni, perché potrebbero essere le figlie di tutti noi.
Da questo punto di vista, quali sono le differenze con la sua città di origine, Bologna?
Bologna è una città a misura d’uomo, o meglio di donna, che si può quasi percorrere a piedi, all’interno della cerchia muraria più recente. Anche Bologna è un polo culturale, sede della più antica università del mondo occidentale, ma anche centro gastronomico di eccellenza, ed è una città d’acque, come Londra, anche se ora i canali sono per lo più nascosti. Ci si sente protetti, a Bologna, avvolti dai portici e dalle persone che li percorrono o si fermano nei caffè e piccoli locali. A Londra è tutto grande, maestoso, c’è il Tamigi, parchi straordinari e magnifici musei in cui si possono passare le giornate.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Sto lavorando a diversi progetti per il 2023, due dei quali qui a Lugano con Artphilein Foundation. Il primo è una mostra di photobooks legati a “Looking for My Daughters”, in quanto in un certo senso sono i libri che consiglierei a ipotetiche figlie, come strumento di riflessione e comprensione del nostro privato, del personale e della dimensione pubblica, politica. È stata una donna, Anna Atkins, a pubblicare il primo photobooks, nel 1843, “Photographs of British Algae: Cyanotype Impressions” e il libro fa spesso parte della mia pratica artistica e fotografica in quanto può essere sempre portato con sé ed è uno strumento democratico di diffusione della cultura.
L’altro progetto è legato alla casa, all’abitare e a differenza del precedente “Take Me to Live with You. A Social family Album” – pubblicato con Kehrer ed esposto a Blue Sky, Centro per la Fotografia dell’Oregon, relativo a persone che anagraficamente avrebbero potuto essere i miei genitori e mi hanno accolto a casa loro come una figlia, tra libri e, spesso, mobili antichi – sarà su un tema scottante: quello della mancanza di una casa.
Sonia Lenzi presenta il suo ultimo libro fotografico “Looking for my daughters. Un libro di amore e di paure” il 23.11 alle 18:30 allo Studio Foce.
Maggiori informazioni: foce.ch