“Guardiamo a quello che ancora ci aspetta” – Intervista a Fabiano Alborghetti, poeta e promotore culturale

“Dopo le macerie: orizzonti” è il tema che guiderà la nuova stagione di incontri alla Casa della Letteratura. Ne parliamo con il Presidente e membro della Commissione di Programmazione, Fabiano Alborghetti, poeta e promotore culturale.
16 Febbraio 2022
di Silvia Onorato
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Fabiano Alborghetti © Ladina Bischof
Fabiano Alborghetti © Ladina Bischof

Cosa ci attende dopo le macerie? La Casa della Letteratura propone un ciclo di incontri per scoprirlo. Giunta al quarto anno di attività, dopo la fondazione nel 2019 da parte dell’associazione Autrici ed autori della Svizzera AdS per offrire un luogo di incontro tra scrittrici e scrittori, e il vasto pubblico. Ospiti della Casa della Letteratura sono autori italofoni di narrativa, poesia, saggistica, ma anche traduttrici, traduttori, autrici e autori non italofoni le cui opere sono state tradotte in italiano.
Il tema “Dopo le macerie: orizzonti”, segue i temi guida delle edizioni precedenti: “L’Abitare” del 2019, “L’Oltre” del 2020 e “Di fronte” del 2021, ed è stato scelto dalla Commissione di Programmazione della Casa della Letteratura. Ne parliamo oggi con il presidente, Fabiano Alborghetti (1970), poeta e promotore culturale autore di diverse raccolte, è premio svizzero di letteratura 2018 e collabora con case editrici italiane e svizzere per le quali ha fatto pubblicare sia esordienti che autori d’eccellenza.

“Dopo le macerie: orizzonti” è il tema guida scelto per la serie di incontri di questa stagione. Cosa è andato distrutto?
Tanto è andato distrutto a livello personale come a livello culturale. È dal 2020 che camminiamo su delle macerie di quelle che erano la nostra socialità, la nostra libertà. La pandemia ci ha letteralmente sconvolto la vita. Molti di noi hanno perso persone care, e si sono trovate con delle macerie negli affetti. In aggiunta a tutto questo, la città di Lugano ha perso una casa della cultura nel momento in cui si è proceduto alla demolizione del centro sociale Il Molino – non entriamo in merito a quanto sia stato giusto o sbagliato, ma il dato di fatto è che è stato demolito qualcosa che ospitava un tipo di cultura, e ora non c’è più.
Partendo da queste macerie riguardiamo quello che è accaduto, a ciò che resta, e necessariamente alziamo lo sguardo da terra per guardare più in là, a quello che ancora ci aspetta e che è ancora possibile ricostruire. Questi sono gli orizzonti.

Quale dopo ci attende, secondo lei? O siamo forse già nel dopo?
Il dopo è tutto quello che ricostruisce e rinsalda una comunità: nel momento in cui si ritorna al noi, a una vita sociale attiva fatta di presenza e di condivisione l’uno con l’altro, allora sì, siamo parzialmente già nel dopo.

Il primo evento (anteprima) della stagione, in programma il 26 febbraio, è un incontro con ESG, Edizioni Svizzere per la Gioventù. Spazio a giovani ed esordienti in generale: occorre nuova energia per quello che ci attende?
Sì, tanta, insieme a volontà e curiosità. Parafrasando Flaiano, l’unico oggetto inanimato che contiene i sogni è il libro. Forse è un concetto iperbolico, ma non è lontano dalla realtà: è grazie alla lettura e al confronto con le altre realtà che permettiamo al nostro immaginario di sviluppare, costruire, creare dei collegamenti, crescere, imparare, e insegnare poi ad altri. Il fatto che ci siano in apertura e in chiusura eventi dedicati ai giovanissimi, e che il programma sia ricco di incontri con esordienti è un moto per una speranza, una crescita, e anche un invito a farsi sorprendere da fondamenta completamente nuove.

Il programma prevede numerosi incontri, tra prosa e poesia. Quali gli orizzonti che potremo vedere nella prosa?

Diversi, alcuni molti tangibili. La grande apertura con “Flashover. Incendio a Venezia” di Giorgio Falco ci racconta la ricostruzione del Teatro della Fenice di Venezia, raso al suolo dalle fiamme e tornato luogo per ascoltare musica grazie alla ricostruzione. Citandone solo una manciata d’altri, Giuseppina Torregrossa da un lato affronta la condizione della donna in Sicilia, dall’altro narra la sua stessa esperienza di ricostruzione nel superare una malattia violenta e invalidante come il cancro al seno. Gian Mario Villalta, grande prosatore edito anche da Mondadori, affronta tantissimi temi di ricostruzione: uno dei libri di cui parleremo è “Tuo figlio”, dove una vicenda famigliare nasconde una storia di brigatismo che sconvolge i parametri familiari, che verranno poi ricostruiti. Olimpia de Girolamo una degli esordienti, dalle macerie delle affettività familiari fa ricostruire alla sua protagonista una vita andando lontano, mettendola nella condizione di dover andare altrove, alla ricerca di un altro orizzonte per diventare qualcosa.

Diversi anche gli incontri di poesia. Dove ci porteranno?    
Ci porteranno in tante sfumature delle macerie, partendo dalla traduzione di Carmen Gallo de “La terra devastata” di T.S. Eliot – fino a ora impropriamente tradotto “La terra desolata” -, traduzione edita dal Saggiatore in cui la poetessa dipinge la devastazione della terra, mantenendo la comunione con la sua stessa attività poetica e una lingua profondamente moderna. Tommaso di Dio, poeta milanese, da frammenti costantemente ricostruisce un ipertesto, come lo sbirciare al di là di una tenda permette uno sguardo su scenari completamente nuovi. Con Mariangela Gualtieri, pubblicata da Einaudi, daremo uno sguardo a quello che è l’arte performativa della poesia. Laura di Corcia, una delle più solide voci poetiche ticinesi al femminile in tanti decenni, ci porta una frammentazione del mondo, filtrata per offrire al pubblico un’accessibile e stimolante frammentazione di orizzonti.  

Lei è un poeta. Il periodo delle macerie è stato creativo per lei? 
Sì, e per più ragioni. Grazie alla pandemia ho potuto in parte fermarmi – qualcosa di raro, altrimenti sarei stato spesso in viaggio. Durante questo periodo ho composto Corpuscoli di Krause che uscirà il 14 marzo per Gabriele Capelli editore, libro che contiene, tra gli altri, un testo commissionato appositamente dall’ambasciata di Svizzera in Israele e che parla di pandemia, senza prendere di petto il tema perché ormai siamo tutti stanchi di questo soggetto. È stato un periodo costrittivo, ma anche propositivo e positivo. Sono quindi molto contento.

Lei è anche un lettore. Quali opere le hanno tenuto compagnia?
Ho letto tanto in questo periodo. Per preparare la nuova stagione, nell’ultima parte dell’anno, ho letto parte delle opere degli autori che abbiamo invitato. Inoltre ho letto tanti libri di saggistica, alcuni libri che raccontano come è nato l’orologio, forse perché il tempo è rallentato durante la pandemia; altri invece su come si sono sviluppate le mappe geografiche, forse perché l’impossibilità a viaggiare ci ha guidati in punta di piedi verso una possibilità di viaggio alternativa. Ho perso il conto dei libri letti…

L’anteprima della nuova stagione della Casa della Letteratura è il 26 febbraio a Villa Saroli.
Maggiori informazioni su casadellaletteratura.ch

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