“La digitalizzazione è l’ultima ideologia”- Intervista a Gabriele Balbi, professore

Professore universitario di media studies, Gabriele Balbi tratterà il tema di rivoluzione e trasformazione digitale durante la conferenza intitolata “La trasformazione digitale. Storia e futuro”, insieme a Serena Cangiano, Pablo Creti e Gianni Giorgetti. Appuntamento il 30 agosto alla Darsena del Parco Ciani.
16 Agosto 2022
di Silvia Onorato
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Gabriele Balbi è professore universitario di media studies presso l’Istituto di media e giornalismo (IMeG), Facoltà di Comunicazione, cultura e società all’USI Università della Svizzera italiana. Tra i suoi incarichi detiene la posizione di direttore del Bachelor in Comunicazione, dell’Osservatorio sui media e le comunicazioni in Cina, è vice direttore dell’Istituto di media e giornalismo, chair dell’ECREA Communication History Section e vice chair della ICA Communication History Division. Dopo aver conseguito il dottorato, si è dedicato all’insegnamento e svolto periodi di ricerca in prestigiose università quali di Harvard, Maastricht, Columbia, Westminster, Northumbria, Perugia, Augsburg e Concordia. Durante la conferenza “La trasformazione digitale. Storia e futuro”, Gabriele Balbi partirà dal suo libro “L’ultima ideologia. Breve storia della rivoluzione digitale” per discutere delle narrazioni che ruotano attorno al concetto di rivoluzione e trasformazione digitale insieme a Serena Cangiano, direttrice del FabLab SUPSI e coordinatrice del corso internazionale in Interaction Design, Pablo Creti, responsabile settore digitale, Dipartimento cultura e società, Radiotelevisione svizzera (RSI), e Gianni Giorgetti, direttore responsabile di tio.ch e “20Minuti”.

Il titolo del suo ultimo libro è “L’ultima ideologia. Breve storia della rivoluzione digitale”. Perché ideologia? Perché ultima?
Il fatto di vivere in una rivoluzione digitale – o quella che oggi viene chiamata trasformazione digitale – ha in sé un elemento ideologico, dove “ideologico” lo intendo depurato da tutte le connotazioni negative che durante il Novecento sono state date al termine a causa dei totalitarismi politici. Originariamente, “ideologia” significa visione del mondo, qualcosa che riesce a spiegare tutti i fenomeni alla maggior parte degli esseri umani; una egemonia culturale utile da imporre e che orienta i comportamenti. Oggi non si può non dire di vivere in una rivoluzione digitale: tutte le aspirazioni, i sogni, le mitologie contemporanee hanno a che fare con la rivoluzione digitale.
L’aggettivo ultima, invece, può avere tre accezioni principali. Ultima perché in ordine di tempo è la più recente, ed è erede delle grandi tradizioni rivoluzionarie del passato – penso alla rivoluzione del fuoco, del libro, alla rivoluzione industriale, francese. Ultima, però, anche perché è causa ultima di altre rivoluzioni del contemporaneo, con cui continuamente si interseca e che, appunto, scatena. Non credo sia l’ultima rivoluzione possibile, terza possibile accezione dell’aggettivo, ma dal mio punto di vista al momento non si intravede un’altra rivoluzione più forte.

Da una prospettiva storica, c’è stato un punto di svolta nella rivoluzione digitale?
I punti di svolta sono stati molti. Tra i più significativi ci sono gli anni ’40 della Seconda Guerra mondiale, periodo in cui è nato il computer; ma anche gli anni della Guerra Fredda, in cui ha avuto la sua genesi internet. Di grande importanza sono stati gli anni ’90, decennio in cui internet viene considerata come la nuova frontiera e il web diviene di dominio pubblico; è anche il decennio in cui nascono alcune grandi aziende digitali come Amazon e Google, e in cui vi è una esplosione della telefonia mobile almeno nei paesi Occidentali. Altro periodo interessante è il 2004/2005, con la nascita dei social media contemporanei come Facebook e Youtube e con la nascita del cosiddetto Web 2.0; nel, poi, 2007 viene presentato il primo iPhone, inaugurando la diffusione degli smartphone – il mezzo di comunicazione oggi più usato al mondo, con più abbonamenti attivi di abitanti sulla terra.
Vorrei infine notare che le trasformazioni più significative spesso non hanno date: per esempio, è impossibile dire quando abbiamo iniziato a considerare normale cercare informazioni in rete; oggi questo è un dato di fatto, un’abitudine di miliardi di persone, nonostante le differenze culturali legate ai singoli paesi. Una trasformazione altamente significativa, e al contempo invisibile.  

In generale, le trasformazioni nelle modalità di comunicare hanno un impatto sul contenuto che viene comunicato? In particolare, la sfera digitale cambierà (o ha già cambiato) il nostro modo di pensare? In che modo?
Sì, come insegna McLuhan con la nota massima “il medium e’ il messaggio” gli strumenti di comunicazione hanno un impatto sul contenuto, e ogni nuovo strumento di comunicazione cambia ciò che viene comunicato e le modalità con cui viene comunicato. Per esempio, un film visto in una sala cinematografica, in televisione e su Netflix di fatto sono tre film differenti, consumati in momenti diversi, con persone diverse, con un grado di attenzione diverso, inframezzati da pubblicità diverse. La digitalizzazione ha portato sicuramente un allargamento delle possibilità di comunicare, ma ci impone anche dei limiti: piattaforme come Facebook e Instagram ci permettono di esprimere un Like, non un Dislike.
Su quanto la digitalizzazione cambi il nostro modo di pensare ci sono varie ricerche con conclusioni contrastanti tra di loro. Di sicuro abbiamo cambiato molte delle nostre abitudini quotidiane informative, facendo emergere alcuni paradossi: da un lato è evidente che sia più facile reperire informazioni, dall’altro siamo sommersi da una quantità di informazioni che spesso non riusciamo a gestire, una situazione di overload informativo in cui è difficile operare una selezione. Un altro paradosso è che si sente spesso dire è che leggiamo di meno; attraverso i social media in realtà si legge moltissimo, in modo certo frammentato e non lineare; alcuni leggono una quantità di testo pari a un libro al giorno. È però difficile capire quali siano gli effetti sulla psiche umana, poiché avvengono nel lungo o nel lunghissimo periodo e oggi non risultano visibili.

Quali sono gli altri cambiamenti attualmente in atto, oltre a quelli della sfera digitale?
Ci sono almeno due grandi cambiamenti che sono fortemente intrecciati alla comunicazione digitale. Il primo è quello climatico: si dice che i mezzi digitali aiuteranno ad abbattere i consumi di CO2 perché ci sposteremo di meno; si dice anche che la digitalizzazione renderà più efficienti alcuni processi. Un altro cambiamento è relativo ai nuovi posizionamenti geopolitici globali, resi evidenti non solo dal conflitto in Ucraina, ma ancor prima attraverso le frizioni tra superpotenze come Cina e Stati Uniti che nella comunicazione digitale hanno trovato riverberi. Penso al divieto posto dagli Stati Uniti sulle tecnologie cinesi, come anche alla diffidenza nei confronti di TikTok o WeChat; penso poi all’impossibilità per le grandi piattaforme americane come Facebook e la sua galassia di entrare nel mercato cinese e russo.
La cosa interessante, e che tematizzo ne “L’ultima ideologia”, è che cambiamento climatico e nuovi assetti geopolitici hanno comunque a che fare con la trasformazione digitale; anzi, quest’ultima si è associata a questi due cambiamenti, li guida, li sostiene.

Secondo lei, come sarà la comunicazione del futuro?
Francamente non lo so, ma sono in buona compagnia. Un gioco interessante è guardare alle predizioni sul futuro poi risultate fallimentari: un tempo si immaginava che oggi avremmo guidato auto volanti, una tecnologia che attualmente non è usata; al contempo, negli anni ’80 nessuno aveva previsto il web, e oggi è qualcosa di irrinunciabile. Se non si può predire il futuro, si possono però individuare dei trend, delle tendenze. Ne cito tre: la comunicazione in generale sarà più complessa, ci saranno sempre più canali – intesi come modalità di comunicare – attraverso piattaforme, app di messaggistica; ci sarà più rumore e più contrasto tra i vari messaggi. In secondo luogo, la comunicazione sarà più mediatizzata; oggi passiamo sempre più ore della nostra giornata comunicando attraverso strumenti di mediazione. Infine, la comunicazione sarà più artificiale: con molta probabilità la comunicazione del futuro sarà in misura sempre maggiore tra macchine e macchine o tra esseri umani e macchine, invece che tra esseri umani. Già oggi la maggior parte del traffico di internet e’ costituita da scambi non tra esseri umani, bensì tra macchine che comunicano tra loro – quello che viene chiamato internet of things.  A cosa porterà tutto questo? È da vedere. Uno degli effetti interessanti è l’emergere di una nostalgia per una comunicazione più lenta, o che ci sembra più lenta, percepita come più vicina all’umanità; trovare o ritagliare spazi in cui la digitalizzazione non ha spazio; si parla anche di digital detox, periodi in cui le persone si staccano dalla grande quantità di informazioni in circolo per disintossicarsi. Sembra infatti che a più comunicazione corrisponda anche un maggior tentativo di difendersi da tutta questa comunicazione.

Gabriele Balbi terrà la conferenza “La trasformazione digitale. Storia e futuro” il 30.08 alle 18:00 presso la Darsena, nel contesto della stagione estiva.
Maggiori informazioni: luganoeventi.ch

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