“Kokoschka” prende spunto dalla storia di passione e ossessione che l’artista Oskar Kokoschka ebbe con la compositrice Alma Mahler, una relazione che si spinse fino al limite estremo della follia. Ne parliamo con i creatori dello spettacolo, Ledwina Costantini (anche interprete) e Daniele Bernardi di Opera retablO.
Punto di partenza dello spettacolo è la relazione tra l’artista Oskar Kokoschka e la compositrice e scrittrice Alma Mahler. Qual è la loro storia?
Kokoschka (Pöchlarn, 1886 – Montreux, 1980) si era formato fra il 1905 e il 1909 alla Realschule a Vienna, sotto la guida von Kenner, Czeschka e Löffler. Era poi stato influenzato dalla personalità di Gustav Klimt, grazie al quale era stato presentato per la prima volta al pubblico durante il Kunstshau del 1908 guadagnandosi l’appellativo di “selvaggio” da parte della critica. Nel 1912 conobbe Alma Mahler (Vienna, 1879 – New York, 1964), vedova del grande compositore e proveniente da una famiglia in vista, in cui era cresciuta a stretto contatto con l’arte. Sedotto dalla sua bellezza, Kokoschka si innamorò perdutamente sviluppando un sentimento passionale e possessivo. I due vissero quindi una relazione tormentata, imperniata sulle richieste della personalità narcisistica dell’artista, fino a quando la donna, esasperata, decise di andarsene. Gli atti successivi alla rottura della relazione furono stupefacenti, grotteschi e sopra le righe.
In che modo questa coppia ha ispirato lo spettacolo?
Il nostro spettacolo non è la cronaca della loro relazione. Avremmo potuto prendere questa strada, ma presto ci siamo resi conto che non ci interessava una prospettiva museale, di rappresentazione. Ciò che invece ci premeva era utilizzare elementi di questi accadimenti estraendoli dal loro contesto per proiettarli in una dimensione più vasta. Tale dimensione è, semplicemente, quella della connaturata violenza del più importante dei sentimenti umani: l’amore.
In scena ci sarai tu, insieme ad alcuni oggetti. Chi interpreti? Cosa rappresentano gli oggetti?
Non posso rispondere a questa domanda, perché svelerei la natura dello spettacolo. Ma posso dire che la mia non sarà esattamente l’interpretazione di un personaggio, ma piuttosto uno svolgere una serie di attività simboliche, ispirate alla relazione fra Kokoschka e Alma Mahler.
In quale senso sentire amoroso e violento si compenetrano? Perché l’amore può portare alla follia?
Non è affatto facile rispondere, poiché l’argomento è sfaccettato, vasto e sfuggente. Per prima cosa è bene dire, anche se può sembrare banale, che c’è una sostanziale differenza fra innamoramento e amore: il primo, l’innamoramento, è un sentire riflessivo, non volto direttamente all’altro ma a se stessi attraverso l’altro; il secondo, invece, è quanto di più umano e indefinito esista. È il sentimento altissimo che comporta l’accettazione della persona amata per quello che è e non per quel che rappresenta. Ciò detto, entrambi questi sentimenti hanno un aspetto violento, perché quando ci investono ci “spostano” dal nostro centro. L’innamoramento fa sì che attraverso il desiderio del desiderio dell’altro l’inquietudine serpeggi nella nostra vita; l’amore ci spinge a esporci, a trasformarci e a fare cose che, senza l’altro, non saremmo disposti a fare. Forse per questo l’amore può portarci alla follia, perché venendo “invasi” dal fantasma dell’altro è come se potenzialmente potessimo perdere noi stessi.
“La sposa del vento” è il quadro in cui Kokoschka raffigura la sua relazione con Alma poco prima della sua fine (il quadro si può visitare al Kunstmuseum di Basilea). Cosa succede quando una passione turbinosa finisce?
Non credo che per tutti sia uguale, anzi, dipende dagli individui e dalle risorse personali di ognuno. Certo è che la passione, in generale, si esaurisce e da sola non basta a costruire un amore, che è ciò per cui vale la pena battersi.
“Kokoschka” è in scena al Teatro Foce dal 09 all’11.02 nel contesto della rassegna Home.
Maggiori informazioni: foce.ch