“La città, luogo di relazione?” – Intervista a Michela Becchis

Il 20 marzo al Foyer FOCE verrà presentato “La città inservibile”, volume curato da Vittoria Fragapane risultato di un dialogo lungo un anno tra quattro artiste (Sonia Andresano, Francesca Balducci, Matilde Cenci, Priscilla Pallante) e quattro studiose (studiose Michela Becchis, Daniela Angelucci, Federica Castelli, Serena Olcuire) intorno al tema della città e dello spazio urbano. Incontriamo Michela Becchis.
14 Marzo 2024
di Silvia Onorato
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Michela Becchis

Il libro è il risultato di quattro mostre allestite da quattro artiste contemporaneamente presso lo Studio Campo Boario di Roma. Come è nato il progetto?
La città è un soggetto di cui mi occupo da tanti anni. L’idea di questo progetto è nata dopo aver letto le conclusioni di un convegno intitolato “La libertà è una passeggiata”, che coinvolgeva due studiose che sarebbero diventate poi curatrici. Ho pensato di scegliere quattro artiste e di farne curare tre da tre studiose che solitamente non si occupano di arte; io ho infatti partecipato anche come curatrice di una delle artiste Ho quindi contattato le artiste e le studiose, che hanno risposto sin da subito all’invito in modo entusiasta e collaborativo; presto ci siamo incontrate tutte insieme a parlare, prima di arrivare alla separazione in coppie. 

Come sono state selezionate le quattro artiste? Che tipo di indagine hanno condotto?
Le quattro artiste sono Sonia Andresano, Matilde Cenci, Francesca Balducci, Priscilla Pallante: artiste che seguo e che mi piacciono molto; soprattutto, artiste che già in passato si erano misurate con una serie di problemi che rientravano nell’idea di “città inservibile”. Per esempio, Priscilla Pallante aveva lavorato su quei luoghi di Roma il cui rumore assordante determina, anche quando si ama la città, una reazione ostile; Sonia Andresano aveva lavorato sulla precarietà del lavoro nella città; Francesca Balducci aveva lavorato su delle mappe delle città, portate alla loro essenzialità espressiva; Matilde Cenci aveva lavorato su questioni di genere legate al rapporto corpo-ambiente urbano.

"La citta inservibile". Courtesy: Artphilein
“La citta inservibile”. Courtesy: Artphilein


Perché la città è inservibile?
Tutte noi otto intendiamo la città come luogo di relazione, di incontro, di reciproco riconoscimento – così ci auguriamo. Vediamo però che, mano a mano che le nostre vite artistiche e quotidiane si sviluppano dentro la città – in particolare, Roma, ma vale per le città in generale – l’idea di relazione e riconoscimento viene negata. Rispetto alla nostra idea di città, quindi, questa città è inservibile.

La città viene descritta come “luogo di conoscibilità e luogo di turbamento”. Cosa permette di vedere la prospettiva femminile comune alle quattro indagini?
Conoscibilità e turbamento sono concetti che abbiamo sentito insieme: il turbamento ha in sé una forte risonanza emotiva che, se riesce a prescindere dalla paura, si trasforma in un dispositivo di conoscenza. Il turbamento è infatti un sommovimento profondamente legato all’idea di conoscenza e conoscibilità.
La prospettiva femminile delle quattro indagini esplicita idee portanti del femminismo (riconoscimento, relazione, posizionamento in uno luogo che è anche luogo dell’altra o degli altri), analizzando quello che rende respingente la città, l’aspetto della paura e della mancanza di sicurezza. Sonia Andresano ha lavorato sull’idea di insicurezza: la sua installazione era un pavimento insicuro dove la precarietà è costante e al visitatore veniva chiesto di trovare un suo equilibrio su qualcosa di assolutamente pericolante. Priscilla Pallante ha lavorato con alcune app e con l’intelligenza artificiale – precisamente, quelle app che dovrebbero servire alle donne per creare una rete di sicurezza nel muoversi in città sole la notte, e che però diventano di fatto strumenti di arretramento: a furia di dire “lì non posso andare, lì non posso passare”, si continua ad arretrare nella città e dalla città, anziché riappropriarsi dei luoghi. Francesca Balducci ha fatto un lavoro di assoluta relazionalità con la curatrice Daniela Angelucci: hanno camminato e attraversato la città mettendola sotto lo sguardo sentimentale della loro amicizia; a ogni posso, la città ha svelato momento drammatici di realtà quotidiane. Matilde Cenci ha fatto un lavoro sull’intelligenza artificiale dall’intento molto intimo: girando di notte con la sua curatrice, ha preso in considerazione proprio l’aspetto notturno della città, poco invitante e al contempo quello in cui la relazione potrebbe farsi più intima e affettuosa – l’intenzione è quella di riportare affetti all’interno di uno spazio urbano.

"La citta inservibile". Courtesy: Artphilein
“La citta inservibile”. Courtesy: Artphilein


Dal progetto emerge una visione per il futuro della città e dello spazio urbano?
Siamo tutti soggetti desideranti: chi propone di trovare i propri equilibri, chi di non arretrare rispetto a delle indicazioni, chi di ritrovare una intimità anche all’interno di una città, chi di stabilire uno sguardo sentimentale. È chiaro che le nostre proposte sono proposte in qualche misura simboliche; tuttavia pensiamo che potrebbero essere praticabili in una visione futura di organizzazione della città. Se questo accadrà non possiamo che augurarcelo.

Il primo incontro in collaborazione con Artphilein e Bôite Editions, “La città inservibile” è il 20.03 al Foyer FOCE.
Maggiori informazioni: foce.ch

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