“La danza ha un grande potere” – Intervista a Carlo Massari, coreografo

Dal 10 al 15 maggio Festa Danzante porta la danza in tutta la Svizzera; numerosi gli appuntamenti in Ticino, tra spettacoli, performance, corsi e feste. Oggi parliamo di “Beast without Beauty”, spettacolo di Carlo Massari che sarà presentato al Teatro Foce il 13 maggio.
05 Maggio 2022
di Silvia Onorato
Salva nei preferiti
Salvato

Condividi:

Carlo Massari © Giulia Marangoni
© Giulia Marangoni

Beast without Beauty” è uno spettacolo pluripremiato creato da Carlo Massari nel 2019 e portato in tournée in tutta Europa. Una commedia dell’assurdo in cui il male di vivere viene interpretato fisicamente, offrendo una riflessione sulla crudeltà nelle relazioni interpersonali – superficiali e opportunistiche -, guidate dall’autoaffermazione in una eterna lotta contro l’altro. Una coreografia che “lascia senza parole” (Massimo Tucci, Fermata Spettacolo), in cui il non-sense e l’humour nero fanno trasparire uno sguardo gelido sulla società. Ne parliamo oggi con Carlo Massari, performer, coreografo e creatore transdisciplinare, attivo da anni nella scena contemporanea italiana e internazionale del teatro fisico e della danza. Carlo Massari è co-fondatore e direttore artistico di C&C Company, la compagnia che porta in scena “Beast without Beauty” e che, sin dalla fondazione nel 2010, pone l’accento sull’ibridazione tra la danza e gli altri codici artistici come la parola recitata e cantata, il cinema, la musica e l’arte contemporanea e performativa.

Beast without Beauty” (letteralmente, La Bestia senza la Bella) è l’evoluzione del titolo della fiaba “La Bella e la Bestia”. Chi è la bestia?
La bestia è la bestialità nascosta in ogni essere umano, che può essere più o meno repressa e può più o meno uscire – in questi giorni vediamo bene quanto la bestialità possa essere drammatica e quanto male possa provocare.

L’uomo ha perso la bellezza? Oppure non l’ha mai avuta?
L’uomo ha in sé la bellezza, come ha in sé la bestialità. Come hanno detto dei grandi pensatori prima di me, l’uomo è uno spettro di stati; in quanto essere pensante ha la facoltà di discernere quale delle possibili “facce” assumere, di volta in volta. Una facoltà che andrebbe esercitata.

Nello spettacolo emerge un riferimento preciso, quello al nazismo. Esemplifica la bestialità nascosta in ognuno di noi, oppure è un riferimento storico circostanziato?
Il nazismo è un fatto storico immediatamente riconoscibile, ha segnato uno dei più grandi massacri conosciuti compiuto dalla società occidentale verso la stessa società. Essendo un riferimento tangibile nello spettacolo esemplifica la bestialità e viene usato come pretesto per parlare di dinamiche attuali e, in fondo, senza tempo.

Lo spettacolo coniuga teatro dell’assurdo, humour nero, musica e cinema. Quale atmosfera si crea sul palco?
Lo spettacolo si articola grazie a un linguaggio transdisciplinare, ovvero grazie a una mescolanza di diversi linguaggi performativi utilizzati contemporaneamente: sul palco ci sono la voce parlata, cantata, la danza, azioni circensi, l’immagine cinematografica. Questo si inscrive nel codice della compagnia C&C: trasmettere e arrivare allo spettatore in maniera, limpida, pulita, precisa e allo stesso tempo usare l’arma dell’ironia (non della comicità), per avvicinarlo, carpire la sua attenzione e coinvolgerlo più facilmente in una storia. A quel punto, riuscire a farlo riflettere.

Qual è il punto di partenza per tradurre in coreografia una riflessione esistenziale?
Ho sempre creduto e sempre crederò che la danza debba essere usata come linguaggio comunicativo. La danza ha un grande potere, è un linguaggio che può comunicare a tanti, molto più di quanto possa fare il teatro, che prevede sempre la parola e quindi una lingua precisa. Per me la danza non è un linguaggio universale, ma è un linguaggio che arriva in modo più diretto alle persone. Considerata la situazione mondiale, penso che la danza debba essere impiegata come linguaggio per comunicare qualcosa.
Quando lavoro a una creazione mi interrogo per prima cosa su cosa voglio dire, e poi sul come lo voglio dire nel linguaggio della danza – un linguaggio che attraverso training quotidiani cerco di ampliare aggiungendo nuove lettere al suo alfabeto, creando nuove parole per arrivare allo spettatore in modo più diretto e facile possibile.

Infine, mostrare nell’arte il lato peggiore di noi è un’esortazione a migliorarci?
Sì, credo che l’arte ci possa aiutare. Certo, la natura può produrre bellezza, armonia, anche orrore, ma solamente l’arte ci appartiene veramente: è un prodotto dell’uomo, e uno specchio dell’umanità. Se impiegata in modo onesto e coerente, può diventare un grande strumento. Per ogni spettacolo mi auguro che lo spettatore possa riconoscersi e comprendere aspetti di se stesso. Shakespeare diceva che si dovrebbe uscire da teatro con un punto interrogativo di domanda, non un punto esclamativo di risposta. L’arte deve servire a farci domandare.

Lo spettacolo “Beast without Beauty andrà in scena venerdì 13 maggio alle 20:30 al Teatro Foce, nel contesto della Festa Danzante. Maggiori informazioni: foce.ch

Articoli più letti