Visarte Talks #10, intervista a Mattia Barbieri

Il sesto appuntamento con Visarte Talks nel 2022 è il 6 dicembre allo Studio Foce con il pittore Mattia Barbieri, in dialogo con Ivan Quaroni.
01 Dicembre 2022
di Silvia Onorato
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Mattia Barbieri (1985) vive e lavora tra Milano e New York. È docente della cattedra di pittura presso l’Accademia Aldo Galli di Como e presso l’Istituto LABA di Brescia. L’opera di Mattia Barbieri si sviluppa attraverso la Pittura, la Scultura e il Disegno da cui emerge un linguaggio ibrido che vede l’accostarsi di elementi eterogenei come la tradizione dell’immagine, le narrazioni mitologiche e l’estetica digitale. Negli anni la ricerca si articola per serie che mostrano nella loro singolarità i tratti multiformi del lavoro, ponendo una forte attenzione sia all’aspetto semantico della grammatica visiva, sia all’apparato iconografico. Mattia Barbieri è attratto dalla Pittura Sacra, come ad esempio le icone medievali, aspetto che affiora con particolare rilievo dalla produzione degli ultimi anni che si contraddistingue per la vicinanza con soggetti a carattere spirituale. La pratica artistica è dunque concepita come un territorio in cui distorcere e forzare la forma e il linguaggio, ma soprattutto è il canale attraverso il quale aprire il portale sull’altrove. Mattia Barbieri verrà intervistato dallo storico dell’arte e giornalista Ivan Quaroni.

Pittura, ma anche disegno e scultura. Quali sono le peculiarità di questi tre mezzi espressivi?
Penso che il mio lavoro sia una combinazione di ricerca della dimensione sacra, ironia e una pratica che cerco di condurre con spericolatezza e al contempo religioso silenzio. Tra i mezzi espressivi c’è complementarietà e contaminazione anche se in fondo credo che l’oggetto quadro sia l’opera d’arte per eccellenza, la più complessa, la più magica, la più poderosa. La scelta del mezzo per me è stata una scelta empatica, in quanto la pittura mi accompagna da sempre. Mi piace pensare alla pratica pittorica come un’azione da compiere quotidianamente, come fosse una disciplina atletica, un gesto agonistico che ha in sé il senso della sfida. Una sfida che in questo caso volge lo sguardo alla forma, alla superficie, a come il segno si articola insieme con le cromie e con i temperamenti pittorici, cercando di far emergere quel “cortocircuito” che rende il quadro vibrante. In pittura non progetto mai nulla, mi piace mettermi a disposizione di un attimo e tradurre una sensazione che unifichi grazia e grinta. La scultura mi diverte. Forse per la sua natura tridimensionale, la vivo in modo più fisico e la percepisco quasi come fosse una prolunga dello spazio pittorico. Sicuramente nella fase operativa sono affascinato dal come rendere sinuosa, spigolosa, morbida o graffiante una linea, insomma trovare l’appeal nella fisionomia che la caratterizza. Mi piace molto il gesso per la sua versatilità: lo si può scolpire, colare e anche modellare e a scultura finita il ritmo visivo rende evidente una diversificazione nelle fattezze che la articola in un modo particolare. Amo dipingerne la superficie per intervenire nuovamente, accarezzare e prenderla a martellate, ridefinirne i tratti, stratificando e togliendo, per renderle simili a reperti provenienti da un epoca indefinita. Il disegno è fondamentale per me, anche perché non necessita di nulla se non un supporto e uno strumento che tracci un segno, quindi non pongo alcun limite quantitativo, puoi farne quanti ne vuoi.  In genere prima di iniziare un nuovo ciclo di dipinti disegno molto per sgranchirmi un po’. Mi dà un senso di libertà e non percepisco margine d’errore. Il disegno è il catalizzatore attraverso il quale metto a fuoco il progetto.

Dipingi per serie. Cosa ispira una serie?
A ogni serie corrisponde un periodo della mia esistenza e porta con sé gli interessi, le frequentazioni i contesti, le esperienze… di un determinato momento. A ispirare un nuovo ciclo è sempre una sensazione, di carattere iconografico o puramente tattile (nel senso visivo del termine) che poi si traduce nelle caratteristiche che animano il lavoro. A ogni nuova fase cerco di rimettere in discussione l’intera ricerca, cercando di mantenerla attiva nella sua autenticità e ampliare e il campo di indagine, nel tentativo di mostrare da un’angolatura diversa quello che da sempre cerco di mettere in luce.

"Santuario Tropical", Mattia Babrieri, 2022, Galleria Rizzuto Palermo
“Santuario Tropical”, Mattia Babrieri, 2022, Galleria Rizzuto Palermo


Nei tuoi quadri si riconoscono alcuni simboli a cui viene data una nuova collocazione, una nuova veste. Come scegli questi simboli?
La ragione per cui impiego un sistema di simboli deriva dal fatto che mi piace pensare al dipinto come a uno strumento che connetta l’osservatore con una zona invisibile, un altrove, o in altri termini, lo spazio sacro che il pittore di icone cerca quando realizza l’immagine divina. Il quadro è un portale, un oggetto che conserva in se un particolare potere. Nel mio caso il simbolo sorge da una unione tra una mia mitologia personale, e quello che è più profondamente radicato nella natura umana. Mi interessa l’archetipo, dunque la zona liminale, la copulazione, il volo, la caduta, la conquista, la morte, la risata, il risorgere, la scoperta… Uno dei più ricorrenti è quello della montagna, un triangolo con il vertice rivolto verso l’alto che definisce l’asse verticale che connette la terra con il cielo, ma anche alcuni eventi atmosferici come il fulmine, l’apparizione di un sole  (non solo un sole naturale, ma anche un sole nero o di altri colori), la presenza del vento che si rende evidente sulle bandiere spigate, le costellazioni ecc.. fanno riferimento a simboli alchemici legati a un processo di trasformazione interna dell’uomo.

Ricorrente è anche la rappresentazione del digitale; si direbbe un portale in un altro portale.

L’elemento digitale a volte presenzia sotto forma di un iPhone che in questo caso è una finestra che apre lo spazio pittorico proponendo un’ulteriore immagine all’interno del dipinto; in altre occasioni, è connaturata nell’identità grafica dei soggetti, risiede dunque nella loro fisionomia o nei pattern distesi sulle superfici
Quello che trovo interessante nel meccanismo della rappresentazione è che in questo preciso momento storico mi risulta significativo poter unire diversi tipi di estetiche per crearne una fluida, ibrida, unendo la pennellata e le citazioni alla tradizione della pittura antica con la leggerezza della grafica digitale, per suggerire all’interno dello stesso dipinto un salto temporale che livella e unifica passato e futuro. Ecco che, in questo modo, la sacralità della pittura che ci ha accompagnato attraverso le epoche si allinea con la componente futuribile e intangibile del digitale.

"Trittico della velocità", Mattia Barbieri, olio su tavola, 2022, collezione privata © Foto Galleria Rizzuto
“Trittico della velocità”, Mattia Barbieri, olio su tavola, 2022, collezione privata © Foto Galleria Rizzuto


Spesso i tuoi quadri includono paesaggi naturali. Sono reali o ideali?
Sono paesaggi spesso dai colori sgargianti, ideali, assolutamente astratti. Li concepisco come un altrove che definisce un orizzonte, una linea in cui è confinato il regno umano, un territorio da cui fruire il cielo: lo spazio del sacro. Allo stesso tempo, in quanto il paesaggio è un genere ufficiale (e tra i più gettonati), sono anche quanto di più pittoresco e stereotipato si possa dipingere. Se da un lato definisce un aspetto sacrale, dall’altro significa per me “dipingere la Pittura”, metterla in scena anche con i suoi luoghi comuni, non senza l’ironia che accompagna tutto il mio lavoro.

Spesso i suoi quadri ospitano l’occhio. Perché?
È l’occhio divino.

"Holy Fosbury", Mattia Barbieri, olio e tempera su tela, 2022, collezione privata © Foto: Cosimo Filippini
“Holy Fosbury”, Mattia Barbieri, olio e tempera su tela, 2022, collezione privata © Foto: Cosimo Filippini


Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il 12 di novembre si è conclusa una mostra alla Galleria Rizzuto di Palermo intitolata “Santuario Tropical”. Nel frattempo mi è stato assegnato il Premio Icona istituito da Art Verona Fiera, che prevede nel prossimo futuro l’esposizione dell’opera vincitrice presso la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti a Verona. Sono invece in via di ufficializzazione alcuni eventi che avranno luogo nel 2023.

Mattia Barbieri incontra il pubblico il 06.12, dalle 18:30 alle 20:30, allo Studio Foce. Entrata libera fino a esaurimento dei posti disponibili.
Possibilità di seguire l’incontro in Live streaming.
Maggiori informazioni: foce.ch

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